
L’intervista a Laura e Giuseppe inizia
con le canoniche 5 domande de “Il bello all’Avana”. A queste, sebbene siano
teoricamente rivolte a un unico interlocutore, risponderanno entrambi con una
sintonia tale da non richiedere la necessità di specificare chi abbia
effettivamente risposto.
Che cos’è il bello all’Avana per te? Il festival ci ha permesso di
avere un accesso privilegiato alla città, che non è solo salsa, non è solo
questo folclore che può osservare il classico turista. Invece, abbiamo scoperto
che c’è un’offerta culturale importante. Parlando poi delle impressioni, del
paese, di bello c’è la gente, la popolazione. Pur vivendo in una situazione di
sofferenza, di difficoltà, abbiamo potuto riscontrare la dignità della gente,
un grande decoro, anche se non hanno risorse. Certo, ci siamo anche accorti che
esistono due Avana, due mondi paralleli, quello della gente che ci vive e il
gran luna park turistico. Una città di contraddizioni, di contrasti, ma non
sarà forse questo il bello dell’Avana? Le forti emozioni che riesce a
suscitare, e il “mal di Cuba”, come una volta si diceva invece dell’Africa, che
colpisce quanti passano per quest’isola.
Dove ti piace andare con la persona che ami? Perderci per le strade
di L’Avana, così, senza una meta precisa. Senza sapere per davvero dove andare.
Se L’Avana fosse qualcosa da mangiare, o da bere, che cosa sarebbe?
Ma già lo è!!! Già lo è, è da bere, specialmente… specialmente da bere. E sarebbe
quel mojito che abbiamo cercato alla Bodeguita del Medio, in questo siamo stati
un po’ turisti. Ma ieri abbiamo incontrato un signore adorabile, un signore
cubano che ha lavorato per tanti anni nel mondo dell’arte, e ci ha fatto finalmente
provare il rum vero, quello serio per davvero. Ma solo ieri! Sai, abbiamo fatto
come quasi tutti, che prima di arrivare all’Avana cercano informazioni, e
quindi siamo caduti nella trappola della Bodeguita, forse il peggior posto dove
andare a cercare il buon mojito. Ma qualche giorno fa, sempre per strada, un
ragazzo ci ha fermati e invece di farci entrare in uno dei soliti locali per
turisti, ci ha accompagnato in una specie di bettola, dove però c’era un
pianista bravo che compiva 88 anni, e la musica e le bevande erano buone per
davvero. Questa è stata la parte migliore, queste variazioni, queste “varianti
umane”, un improvviso parlare con qualcuno e modificare quel minimo di programma
che ti eri proposto.

Ci consigli un locale o un luogo dove andare? Il Chanchullero! Prezzi
onesti, pulito, si mangia bene, la birra è fredda, non esci ‘appestato’ di olio
fritto come in tanti altri locali. Ma ci siamo trovati bene anche al Topoli, il
ristorante iraniano vicino all’appartamento in cui stiamo, e peraltro uno degli
sponsor del festival.
A questo punto, (è Laura che
parla), vorrei proporre una sesta domanda. Qual
è il colore dell’Avana? Assolutamente l’azzurro, con tutte le sue sfumature
di turchese, di azzurro, verde acqua. Penso che il colore dell’Avana sia
l’azzurro.
La vuci mia. Si è inserito
benissimo nel tema del progetto (il titolo del festival è infatti ‘Le voci
umane’). È stato un caso o lo avete scelto? No, è il progetto che stiamo
portando avanti da anni, su cui lavoriamo e che quest’anno abbiamo già portato
in Svizzera; in realtà è un progetto in progress che si arricchisce sempre di
nuovi frammenti, svolgiamo una ricerca musicologica costante per poi portare il
materiale in scena, dopo averlo ovviamente spettacolarizzato.
E la chiusura del concerto, con il classico Vent’anni, che qui a Cuba è stato interpretato da tutte le grandi
cantanti, da autentici mostri sacri della canzone cubana, come Miriam Ramos e
Omara Portuondo. Uno scontro fra titani, dal quale sei uscita vincitrice, vista
la reazione del pubblico, tutto in piedi ad applaudirti. Sì, è una canzone
che ci piace molto, e che quindi volevamo proporre come omaggio alla musica
cubana, e avevamo stabilito che se lo spettacolo fosse andato bene, e avessimo
avuto richieste di bis, avremmo inserito questo brano, che è veramente una
bellissima canzone, intramontabile, e credo che la mia interpretazione sia
originale, personale, perché non mi sono ispirata a nessun’altra cantante. E credo che sia stata molto apprezzata.
Incredibile come la musica riesca ad arrivare a tutti, entra nei cuori,
nonostante l’ovvia difficoltà di comprendere i testi in siciliano.

E Cuba? Puoi immaginarti, ci auguriamo di tornare! Magari in una delle
prossime Settimane della Cultura Italiana a Cuba. Ci piacerebbe portare anche
questo nuovo progetto, creando un rapporto nuovo con i musicisti locali, con la
loro partecipazione. Sarebbe una cosa bellissima, per noi. Un progetto non solo
artistico, ma anche di collaborazione.
di Angelo Veglia